Ci siamo abituati a tutto, e a tutto ci abitueremo. E’ solo questione di tempo e perseveranza. Eravamo cacciatori-raccoglitori e siamo diventati contadini, da contadini operai, e poi disoccupati e lavoratori precari.
Fino a pochi anni fa sarebbe stato impensabile. Oggi nessuno più si stupisce della precarietà a vita. Il lavorio quotidiano di una lotta di classe al contrario ha creato nuove mostruose consuetudini. Telecamere di sorveglianza ovunque, tracciamento dei dati personali, controlli di polizia e perquisizioni corporali in ogni dove giustificate dalla minaccia del terrorismo. Tutte normali assurdità. Cose a cui ci si abitua.
E’ per questo che le battaglie puramente a difesa dei diritti acquisiti non hanno grandi prospettive di successo. Chi viene assediato prima o poi cede per mancanza di rifornimenti. Dobbiamo essere noi a decidere chi diventare. Decidere noi a cosa vogliamo abituarci, e un giorno considereremo normalità ciò che oggi chiamiamo utopia. Vedremo realizzati i nostri sogni invece dei nostri incubi peggiori.
Qual è la forza delle donne e degli uomini di Kobane? Presumibilmente, per quanto ne possa sapere io, la loro forza sta nell’aver deciso che vita vivere, chi diventare, nell’aver dato vita alla zona autonoma del Rojava e fatto di un’utopia una realtà.
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Per approfondire:
– E’ nata la piattaforma di supporto Support Kobane (importanti informazioni le fornisce baruda).
– Preziose informazioni di base sul Rojava dai Wu Ming.
– Qui la pagina dell’iniziativa Napoli per Kobane.